Le attese che valgono la pena

Le attese che valgono la pena

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Ci siamo.

Guardo l’albero di Natale difronte a me: quale panorama migliore per far emergere la gratitudine per qualcosa che si accinge a nascere! Il tepore è quello giusto, gli affetti mi accarezzano, l’attimo mi accoglie.
Da bambina trascorrevo interi pomeriggi seduta al tavolo di casa di mia nonna, ad allineare bottoni, ad arrotolare nastrini, a tastare la morbidezza dei gomitoli della lana, a scrutare e corteggiare l’eleganza della macchina per cucire, che spariva, capovolgendosi, sotto il piano di legno massiccio del piano d’appoggio.
Pasticciavo allora e continuo a pasticciare anche ora. Ma queste sono le “no man’s land”, le terre di nessuno, dove uno ritrova se stesso, un “se stesso” che rifugge regole, che dissolve confini, che scardina la fissità del tempo e dello spazio.
Ho fatto un patto con le mie mani. Gli ho promesso che non avrei mai usato guinzagli, a condizione che rimanessero fedeli ai dettami del cuore. Con le mani si ama. Questo è il principio e la fine di una creazione. Nell’umiltà e nella essenzialità.
Un grazie alla pazienza di chi, con le sue competenze tecniche e umane, mi ha seguito negli alti e bassi delle mie energie e dei miei umori, generando motivazione e convinzione verso un progetto che aspettava solo calore.

Si apra il sipario.